NewsIndeducibilità dei costi derivanti da un contratto nullo e da un’operazione inesistente

La società che si avvale del contratto di somministrazione irregolare di manodopera non ha il diritto alla detrazione dei relativi costi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45114 depositata il 28 novembre 2022, ha affermato il principio di diritto secondo il quale l’operazione giuridicamente inesistente, nel caso in cui nasconda un contratto nullo, determina la non detraibilità del costo, in quanto sprovvisto dei requisiti di certezza e determinatezza.  

Nel caso di specie veniva contestato al legale rappresentante di una società il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Secondo l’impianto accusatorio, era stato dedotto il costo derivante da un contratto di appalto che in realtà mascherava una illecita somministrazione di personale, dando luogo ad una simulazione diretta relativa, volta a nascondere la stipulazione di un contratto affetto da nullità.  

In entrambi i due primi gradi di giudizio era stata confermata la responsabilità dell’amministratore, il quale, ricorrendo in Cassazione, lamentava una non corretta applicazione della norma, in quanto la società non avrebbe detratto l’imposta sul valore aggiunto, poiché era stato applicato il regime del reverse charge ed il costo, essendo stato sostenuto, era deducibile. 

La Corte di Cassazione ha, innanzitutto, precisato come rappresentino fatture per operazioni inesistenti anche quelle relative al compimento di un negozio giuridico apparente, diverso da quello realmente intercorso tra le parti.  

Inoltre, sempre secondo i giudici di legittimità, costituirebbe oggetto della sanzione penale ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. 

Pertanto, è necessario che il documento fiscale contenga una rappresentazione precisa, puntuale e veritiera degli aspetti fiscalmente rilevanti, con la conseguenza che l’inesistenza giuridica si verifica ogni volta in cui si palesi una divergenza tra realtà e rappresentazione, avendo riguardo alla natura della prestazione. Infatti, le fatture relative a un contratto di appalto aventi esclusivamente la funzione di nascondere un’illecita somministrazione di manodopera afferiscono ad un negozio giuridico differente rispetto a quello intercorso tra le parti ed hanno significative conseguenze fiscali. Nel caso di specie, il contratto di somministrazione di manodopera celato dietro la veste giuridica dell’appalto consente illegittimamente la detraibilità dell’Iva e la deduzione dei relativi costi ai fini Irap. Oltretutto, l’irregolare contratto di somministrazione di manodopera, in quanto viziato da nullità, determina costi non quantificabili e comunque diversi da quelli del contratto di appalto di servizi. 

Secondo la Corte di Cassazione dalla nullità del contratto consegue la mancanza di certezza e di determinatezza dei costi e quindi l’indeducibilità ai fini delle imposte sui redditi. 

Seppur in maniera indiretta, la decisione pare confermare il principio secondo cui, ai fini della rilevanza penale, l’inesistenza giuridica della fattura presuppone un differente trattamento fiscale della tipologia contrattuale mascherata.  

A conferma di ciò, si viene a consolidare il principio per cui l’oggetto della sanzione prevista dall’art. 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, tenuto conto dello speciale coefficiente di insidiosità che si connette all’utilizzazione di una falsa fattura. 

Pertanto, la fattura deve contenere una rappresentazione veritiera di tutti gli elementi in grado di incidere su aspetti fiscalmente rilevanti, assumendo importanza anche l’inesistenza giuridica, la quale si verifica ogniqualvolta la divergenza tra realtà e rappresentazione riguardi la natura della prestazione documentata, determinandosi in questo modo una alterazione del contenuto del documento contabile. 

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