L’Agenzia delle Entrate chiarisce come i finanziamenti Peer 2 Peer lending, effettuati su piattaforme gestite da istituti di pagamento non iscritti nell’albo della Banca d’Italia, devono essere indicati nel quadro RW
Per P2P lending (peer to peer lending, social lending o prestiti tra privati), si intende una tipologia di prestito erogato direttamente tra soggetti privati mediante l’impiego di apposite piattaforme. Tali sistemi permettono di far incontrare la domanda dei soggetti in cerca di fondi con l’offerta degli investitori, senza dover passare attraverso il canale bancario.
Di recente l’Agenzia delle Entrate ha chiarito con la risposta ad interpello del 24/03/2022 che eventuali interessi ottenuti dai finanziatori italiani mediante prestiti concessi impiegando queste piattaforme, gestite da istituti di pagamento esteri, concorrono a formare il reddito complessivo da assoggettare ad IRPEF in sede di dichiarazione annuale dei redditi.
Inoltre, dal momento che l’utilizzo di queste piattaforme implica la titolarità di conti di pagamento presso Istituti di pagamento esteri, gli interessi in questione devono essere indicati nel quadro RW, indipendentemente dall’eventualità che la piattaforma risulti essere italiana od estera o che il beneficiario del finanziamento abbia nazionalità italiana o straniera.
In particolare, l’Amministrazione Finanziaria ha ribadito come il comma 43 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) ha inserito la lettera d-bis) al comma 1 dell’articolo 44 del T.U.I.R., prevedendo che costituiscono redditi di capitale “i proventi derivanti da prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme di Peer to Peer Lending) gestite da società iscritte all’albo degli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 [n.d.r. TUB], o da istituti di pagamento rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 114 del decreto legislativo n. 385 del 1993, autorizzati dalla Banca d’Italia”.
Il successivo comma 44, inoltre, dispone che i predetti gestori “operano una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche con l’aliquota prevista dall’articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
Detta ritenuta è attualmente stabilita nella misura del 26 per cento.
Ai fini dell’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta sui proventi derivanti da investimenti su piattaforme di P2P Lending rilevano, in sostanza, le seguenti due condizioni:
- la natura del soggetto finanziatore, che deve essere esclusivamente una persona fisica al di fuori dell’esercizio di una attività d’impresa;
- la qualifica del gestore della piattaforma, che deve essere un intermediario finanziario iscritto all’albo o un istituto di pagamento ai sensi della normativa prevista, rispettivamente, dagli articoli 106 e 114 del TUB, autorizzato dalla Banca d’Italia.
Se l’istituto di pagamento che gestisce la piattaforma non è iscritto all’albo degli intermediari finanziari presso la Banca d’Italia non è, quindi, autorizzato ad applicare la ritenuta d’acconto sugli interessi corrisposti a persone fisiche.
Pertanto, in tal caso, i proventi derivanti dai predetti investimenti in P2P Lending concorrono alla formazione del reddito imponibile IRPEF in sede di dichiarazione annuale dei redditi.
Per quanto concerne gli obblighi di monitoraggio fiscale, tenuto conto che per l’effettuazione degli investimenti in P2P Lending attraverso le predette piattaforme, l’Istante detiene anche dei “conti” all’estero, si ritiene che gli stessi dovranno esse indicati nel quadro RW, indipendentemente dalla circostanza che la piattaforma sia italiana o estera o che il finanziamento sia erogato a soggetti italiani o esteri.