Con la risposta all’interpello n. 788 del 2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito delle indicazioni sul regime di tassazione previsto in materia di valute virtuali, nonché sui relativi obblighi dichiarativi.
La risposta ad interpello recepisce la sentenza della Corte di Giustizia Ue 22 ottobre 2015, causa C-264/2014, nella quale le operazioni in valuta virtuale vengono equiparate alle operazioni effettuate tramite le valute con valore liberatorio, in quanto capaci di estinguere un’obbligazione.
In ogni caso, risulta opportuno precisare come le banche centrali abbiano più volte affermato che tali strumenti non sono delle vere e proprie “valute” in senso tecnico, quanto piuttosto delle “attività virtuali”.
Infatti, avuto riguardo alla consueta tripartizione (mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valere) elaborata dalla letteratura economica ed accettata dalla dottrina giuridica delle funzioni della moneta legale, si può agevolmente notare come le criptovalute possono assolvere tali funzioni solo parzialmente, anche e soprattutto a causa della loro estrema volatilità.
Pertanto, da un punto di vista definitorio può risultare opportuno qualificare le valute virtuali come “beni” immateriali, oggetto di diritto, in ossequio all’art. 810 c.c.
Più nello specifico, l’Agenzia delle Entrate affronta quattro questioni di grande importanza dal punto di vista fiscale, sintetizzabili come segue:
- le cessioni a titolo oneroso di valute virtuali a termine rilevano sempre fiscalmente in ossequio all’art. 67, comma 1-ter del Tuir per le valute estere, mentre le cessioni a pronti generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l’ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter;
- costituisce una cessione a titolo oneroso anche una transazione in cui si ha lo scambio contestuale di differenti criptovalute;
- per quanto concerne gli obblighi dichiarativi, in ossequio a quanto statuito dal Tar del Lazio con la sentenza n. 1077 del 27 gennaio 2020, i soggetti titolari di valute virtuali sono obbligati a indicare tali valute nel quadro RW del Modello Redditi – Persone Fisiche. La compilazione di questo quadro deve avvenire utilizzando il controvalore in euro della valuta virtuale;
- infine, l’Agenzia precisa che tutte le valute detenute dalla persona fisica, anche nel caso di detenzione di una chiave privata del wallet, debba essere compilato il quadro RW.
Per chiave privata si intende una stringa di caratteri alfanumerici, mantenuta segreta per garantire la sicurezza delle monete virtuali associate, consente di trasferire criptovalute ad altri portafogli.
Tramite la risposta di interpello in oggetto, l’Agenzia delle Entrate fornisce, dal punto di vista fiscale, una parte della regolamentazione del fenomeno delle criptovalute, cercando di colmare il vuoto normativo in materia.
Tale regolamentazione è avvenuta utilizzando delle categorie giuridico-fiscali già esistenti e inquadrando la natura delle monete virtuali entro canoni noti.A questo proposito, risulta evidente come la natura digitale delle criptovalute renda difficoltoso l’inquadramento in categorie giuridiche già esistenti e suggerisca di analizzare, caso per caso, il trattamento fiscale più coerente con il loro impiego.
Resta comunque auspicabile, al fine di assicurare un mercato regolamentato e garantire uno sviluppo ordinato di questo sistema economico-finanziario, l’introduzione di una specifica normativa anche dal punto di vista fiscale.