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Con la circolare 15/E/2021 l’Agenzia delle Entrate analizza le principali novità in materia di Transfer Pricing

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 15/E/2021 ha inteso chiarire taluni aspetti relativi alla nuova disciplina concernente la documentazione idonea a dimostrare il rispetto del principio di libera concorrenza e dei prezzi di trasferimento praticati sul mercato in materia di Transfer Pricing. 

Il suddetto documento precisa che, al fine di beneficiare della penalty protection, e quindi della disapplicazione delle sanzioni in caso di verifica, la documentazione deve essere composta sia dal masterfile sia dal countryfile. 

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato come un’importante novità è costituita dalla comunicazione della suddetta documentazione da effettuare entro il 30 novembre. La consegna, infatti, deve avvenire mediante l’impiego di una firma elettronica con marca temporale al fine di cristallizzare la documentazione e far in modo che risulti impossibile effettuare delle successive modificazioni.  

Nel caso in cui non abbia integralmente predisposto la documentazione entro il suddetto termine, nei 90 giorni successivi il contribuente è tenuto ad inoltrare all’Agenzia delle Entrate una documentazione integrativa o sostitutiva di quella inviata in precedenza.  

In tal caso la firma digitale con marca temporale dovrà riferirsi al momento della data di inoltro effettivo della dichiarazione. 

Laddove il contribuente non adempia all’obbligo di comunicazione nelle tempistiche appena descritte e tale violazione non sia stata contestata, potrà effettuare una comunicazione tardiva entro il termine della successiva dichiarazione (30 novembre 2022). 

Nonostante tale remissione in bonis, l’Agenzia delle Entrate nella circolare in questione specifica come questa sia valida solo per quanto riguarda la tardiva comunicazione: pertanto, la firma digitale e la marca elettronica devono comunque essere apposte entro l’ordinario termine di 90 giorni dalla scadenza originaria per la presentazione della dichiarazione. 

In questo modo risultano impossibili recuperi ex post, potendo solo slittare l’onere della comunicazione fino al 30 novembre 2022. È stato inoltre specificato come la firma digitale e la marca elettronica devono essere apposte sul masterfile di gruppo dal rappresentante legale del contribuente anche nel caso in cui la documentazione sia stata predisposta e firmata dal soggetto controllante, diretto o indiretto.  

È chiaro come la disciplina della sottoscrizione elettronica abbia come specifica finalità quella di attribuire una data certa alla documentazione, rendendo la stessa “idonea” alla determinazione dei componenti reddituali.  

Peraltro, l’Agenzia delle Entrate nella circolare evidenzia che nel caso in cui un costo non risulti inerente ab origine, la documentazione non può in alcun modo sanare tale carenza sostanziale.  

Conseguentemente, non può in alcun modo essere impiegata la documentazione transfer pricing relativa alla penalty protection nel caso in cui ci si trovi di fronte a costi non inerenti. 

Un ulteriore profilo rilevante riguarda la documentazione integrativa.  

In questo caso, avendo tale documentazione la finalità di rettificare il valore di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento operati dal contribuente, la firma elettronica e la marca temporale devono essere apposte sulla dichiarazione integrativa nel momento in cui la stessa viene inviata.  

Tuttavia, nel caso in cui non sia stato comunicato il possesso di tale documentazione dal principio, il regime della integrativa a sfavore non potrà operare

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Gli aiuti de minimis sono soggetti ad una procedura di monitoraggio che impone la collaborazione del contribuente, il quale può regolarizzare la propria posizione mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa

L’Agenzia delle Entrate, a partire da gennaio 2022, sta inviando lettere di invito ai contribuenti alla compilazione in dichiarazione del Quadro RS401-2 per i redditi e IS201-2 per l’IRAP in relazione agli aiuti di stato c.d. “de minimis“, fruiti nei precedenti periodi d’imposta. 

Gli aiuti di stato de minimis sono misure di sostegno rivolte alle imprese che non necessitano di preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea, trattandosi di aiuti, anche di carattere fiscale, di modesta entità. 

In specie, ciascuna impresa può fruire al massimo, nell’arco di tre anni, di aiuti de minimis per un importo non superiore a 200 mila euro (ad eccezione di alcuni specifici settori produttivi). 

L’eventuale superamento di questa soglia comporta il recupero integrale dell’aiuto, che non potrà essere conservato nemmeno per la parte non eccedente il tetto massimo. 

L’Agenzia delle Entrate, a fini di trasparenza a partire dal 1° luglio 2017, è chiamata a riepilogare gli aiuti de minimis concessi su scala nazionale nel “Registro nazionale degli aiuti di Stato” (consultabile pubblicamente al sito http://www.rna.gov.it), facendovi confluire, mediante un invio massimo di dati nell’esercizio successivo a quello di presentazione della dichiarazione fiscale, gli importi fruiti dai contribuenti e da questi ultimi esposti nella propria dichiarazione. 

Al fine di permettere all’Amministrazione finanziaria di monitorare il corretto rispetto dei limiti quantitativi fissati dalla disciplina europea e di adempiere a tale incombente, le imprese sono chiamate a fornire il dettaglio, in ciascuna dichiarazione annuale, dell’importo totale degli aiuti de minimis eventualmente fruiti in corso d’anno. 

Le irregolarità commesse dal contribuente nella compilazione del Quadro RS401-2 per i redditi e IS201-2 per l’IRAP (ad esempio, mancata compilazione dei predetti campi) potranno essere sanate con ravvedimento operoso.  

Secondo l’Amministrazione finanziaria, la mancata indicazione degli aiuti di Stato nel relativo prospetto della dichiarazione dei redditi comporta le conseguenze previste dall’art. 17 del regolamento istitutivo del Registro nazionale degli aiuti di Stato (D.M. 31 maggio 2017, n. 115).  

Nello specifico tale articolo stabilisce al comma 2 che “l’inadempimento degli obblighi di registrazione previsti dal presente regolamento […] determina l’illegittimità della fruizione dell’aiuto individuale”.  

Non può non essere considerato come questa conseguenza è stata ribadita dal Ministero dell’Economia e delle finanze nell’interrogazione parlamentare n. 5-06180 del 23 giugno 2021, presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati. 

In sostanza, il rischio che il contribuente corre non compilando il rigo RS401-2 per i redditi o il rigo IS201-2 per l’IRAP è quello della revoca del contributo ricevuto. 

In conclusione, ove il contribuente si renda conto di aver usufruito dell’aiuto de minimis in maniera indebita, sarà necessario procedere alla restituzione dell’aiuto, presentando una dichiarazione integrativa e versando all’Erario una somma pari all’aiuto fruito, oltre ad interessi e sanzioni 

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Le nuove disposizioni in materia di obblighi IVA per le vendite a distanza di beni introducono un nuovo regime speciale al quale gli operatori possono aderire per usufruire di importanti semplificazioni operative.

A partire dal 1° luglio 2021 trovano attuazione le disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 83/2021 che, recependo le Direttive europee (Direttiva n. 2017/2455 che modifica la Direttiva n. 2006/112/CE e Direttiva n. 2009/132/CE), in materia di ecommerce, introduce importanti semplificazioni degli obblighi IVA per le vendite a distanza di beni. 

Tra le novità introdotte dalla nuova disciplina riveste particolare importanza quella relativa all’istituto della rappresentanza fiscale. 

Ed invero, secondo la normativa previgente le imprese che effettuavano operazioni di e-commerce in ambito transfrontaliero – superate determinate soglie di fatturato – erano tenute ad identificarsi ai fini IVA nello Stato membro in cui era stabilito il consumatore finale del bene, secondo le regole ordinarie in materia. 

Tale assolvimento si mostrava necessario per consentire l’assolvimento dell’IVA nello Stato di destinazione del bene, con la conseguenza che laddove l’operatore si fosse trovato nella condizione di dover effettuare operazioni in Paesi differenti dell’Unione europea, avrebbe dovuto porre in essere tali adempimenti in ciascuno di detti Stati. 

La nuova disciplina introduce importanti semplificazioni proprio al fine di superare le previgenti difficoltà operative, dando la possibilità agli operatori di aderire al regime speciale One stop shop (OSS). 

Si tratta, invero, di un particolare regime opzionale che introduce un sistema europeo di assolvimento dell’IVA centralizzato e digitalenel quale confluirà anche il vecchio regime Mini One Stop Shop (MOSS). 

In particolare, il MOSS consentiva solo a determinati soggetti passivi IVA (ossia soggetti che prestavano servizi di telecomunicazione, tele-radiodiffusione ed elettronici a privati consumatori) di dichiarare e versare l’IVA dovuta in tutti gli Stati membri dell’UE in un unico Stato.  

La nuova disciplina, invece, estende quest’ultimo regime a tutta una serie di operazioni, fra le quali:  

  • le vendite a distanza intracomunitarie di beni effettuate da fornitori o tramite l’uso di un’interfaccia elettronica; 
  • determinate vendite interne di beni facilitate dalle piattaforme on-line. 

Occorre osservare che tra i vantaggi connessi all’adesione al regime OSS vi è la possibilità per l’impresa che vende beni a consumatori finali in tutta l’UE: 

  • di registrarsi elettronicamente ai fini IVA in un unico Stato membro per tutte le operazioni effettuate a favore di acquirenti situati negli altri 26 Stati UE; 
  • di effettuare un’unica dichiarazione elettronica OSS IVA procedendo ad un unico pagamento dell’imposta dovuta su tutte le cessioni di beni. Le dichiarazioni IVA relative alle operazioni effettuate nell’ambito del regime speciale devono, infatti, necessariamente riguardare solo le cessioni realizzate tramite l’OSS.  

Al riguardo, si specifica che le dichiarazioni IVA relative alle suddette operazioni sono trimestrali. 

Resta ferma la facoltà in capo all’operatore di mantenere aperte più partite IVA all’interno di Stati diversi, avendo cura di tenere separati gli adempimenti relativi al nuovo regime speciale. 

Al fine di permettere l’adesione al nuovo regime speciale, a partire dal 1° aprile 2021 l’Agenzia delle Entrate ha predisposto sul sito istituzionale le funzionalità telematiche che consentono ai soggetti passivi di effettuare la registrazione on-line 

In sostanza, il suddetto nuovo regime ha previsto un sistema che determina particolari semplificazioni negli obblighi IVA con riferimento alle vendite a distanza. 

Ciò consentirà a tali soggetti passivi che effettuino operazioni di cessione di beni intracomunitarie e-commerce di semplificare gli adempimenti procedimentali necessari e connessi all’effettuazioni di dette operazioni. 

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La legge di bilancio per il 2020 ha previsto fondamentali modifiche alla disciplina del Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
Per il 2020 e per le annualità successive il credito per le attività di Ricerca e Sviluppo cambia veste: varia in ragione della tipologia di attività svolta dall’impresa (ad esempio, l’incentivo si estende alle attività legate a innovazione e design), non viene più calcolato sulla spesa incrementale, ma sul valore assoluto della spesa e cambiano le aliquote.
Inoltre è prevista una maggiorazione per attività di innovazione legate a Industria 4.0 e progetti Green.
Queste le aliquote, che variano in ragione dell’attività espletata:

  • Ricerca e sviluppo: il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 12%, nel limite massimo di 3 milioni di euro per periodo d’imposta.
  • Design e ideazione estetica: il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 6% nel limite massimo di 1,5 milioni di euro per periodo d’imposta.
  • Innovazione tecnologica: il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 6%, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro per periodo d’imposta.
  • Maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta dal 6% al 10% per le attività di innovazione tecnologica che puntano a realizzare processi o prodotti con finalità di innovazione digitale
    4.0 oppure ecologiche. Il tetto fissato per questo ulteriore punto
    del credito d’imposta è di 1,5 milioni di euro.

La legge di bilancio 2021 ha ulteriormente modificato le aliquote agevolative a valere sulle attività svolte a partire dal periodo d’imposta 2021, nei seguenti termini:

  • Ricerca e sviluppo: il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 20%, nel limite massimo di 4 milioni di euro per periodo d’imposta.
  • Design e ideazione estetica: il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 10% nel limite massimo di 2 milioni di euro per periodo d’imposta.
  • Innovazione tecnologica: il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 10%, nel limite massimo di 2 milioni di euro per periodo d’imposta.
  • Innovazione 4.0 e green: il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 15%, nel limite massimo di 2 milioni di euro per periodo d’imposta.

Per le sole attività di ricerca e sviluppo agevolabili (n. 1) svolte da imprese site nelle Regioni del Sud (Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Calabria, Basilicata, Sardegna) ovvero nelle Regioni colpite dal sisma del 2016 (Lazio, Marche, Umbria), il credito d’imposta è riconosciuto fino al 2022, in misura pari al:

  • 25% per le grandi imprese;
  • 35% per le medie imprese;
  • 45% per le piccole imprese.
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Con la risposta all’interpello n. 788 del 2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito delle indicazioni sul regime di tassazione previsto in materia di valute virtuali, nonché sui relativi obblighi dichiarativi.

La risposta ad interpello recepisce la sentenza della Corte di Giustizia Ue 22 ottobre 2015, causa C-264/2014, nella quale le operazioni in valuta virtuale vengono equiparate alle operazioni effettuate tramite le valute con valore liberatorio, in quanto capaci di estinguere un’obbligazione.
In ogni caso, risulta opportuno precisare come le banche centrali abbiano più volte affermato che tali strumenti non sono delle vere e proprie “valute” in senso tecnico, quanto piuttosto delle “attività virtuali”.
Infatti, avuto riguardo alla consueta tripartizione (mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valere) elaborata dalla letteratura economica ed accettata dalla dottrina giuridica delle funzioni della moneta legale, si può agevolmente notare come le criptovalute possono assolvere tali funzioni solo parzialmente, anche e soprattutto a causa della loro estrema volatilità.
Pertanto, da un punto di vista definitorio può risultare opportuno qualificare le valute virtuali come “beni” immateriali, oggetto di diritto, in ossequio all’art. 810 c.c.

Più nello specifico, l’Agenzia delle Entrate affronta quattro questioni di grande importanza dal punto di vista fiscale, sintetizzabili come segue:

  • le cessioni a titolo oneroso di valute virtuali a termine rilevano sempre fiscalmente in ossequio all’art. 67, comma 1-ter del Tuir per le valute estere, mentre le cessioni a pronti generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l’ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter;
  • costituisce una cessione a titolo oneroso anche una transazione in cui si ha lo scambio contestuale di differenti criptovalute;
  • per quanto concerne gli obblighi dichiarativi, in ossequio a quanto statuito dal Tar del Lazio con la sentenza n. 1077 del 27 gennaio 2020, i soggetti titolari di valute virtuali sono obbligati a indicare tali valute nel quadro RW del Modello Redditi – Persone Fisiche. La compilazione di questo quadro deve avvenire utilizzando il controvalore in euro della valuta virtuale;
  • infine, l’Agenzia precisa che tutte le valute detenute dalla persona fisica, anche nel caso di detenzione di una chiave privata del wallet, debba essere compilato il quadro RW.

Per chiave privata si intende una stringa di caratteri alfanumerici, mantenuta segreta per garantire la sicurezza delle monete virtuali associate, consente di trasferire criptovalute ad altri portafogli.
Tramite la risposta di interpello in oggetto, l’Agenzia delle Entrate fornisce, dal punto di vista fiscale, una parte della regolamentazione del fenomeno delle criptovalute, cercando di colmare il vuoto normativo in materia.
Tale regolamentazione è avvenuta utilizzando delle categorie giuridico-fiscali già esistenti e inquadrando la natura delle monete virtuali entro canoni noti.A questo proposito, risulta evidente come la natura digitale delle criptovalute renda difficoltoso l’inquadramento in categorie giuridiche già esistenti e suggerisca di analizzare, caso per caso, il trattamento fiscale più coerente con il loro impiego.

Resta comunque auspicabile, al fine di assicurare un mercato regolamentato e garantire uno sviluppo ordinato di questo sistema economico-finanziario, l’introduzione di una specifica normativa anche dal punto di vista fiscale.

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Il credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo delle imprese (c.d. Bonus Ricerca) è una agevolazione fiscale introdotta nell’ordinamento tributario dall’art. 3 del D. L. 23.12.2013, n. 145 (in seguito modificato dalle Leggi di Stabilità per il 2015 e per il 2017, nonché dal Decreto dignità 2018 e dalla Legge di Stabilità per il 2019).

Sono soggetti beneficiari del credito di imposta tutte le imprese che investano in attività di ricerca e sviluppo. Il credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo viene determinato in relazione alla spesa per investimenti dedicati dall’impresa a tali attività. Sono agevolabili solo determinate tipologie di spese specificatamente individuate dal legislatore.

Fino al 31/12/2019, il credito di imposta è riconosciuto per gli investimenti in ricerca e sviluppo in misura incrementale rispetto a quella effettuata nel triennio 2012/2014.

Pertanto, dopo avere individuato il parametro storico (e cioè la spesa media del triennio 2012/2014), va calcolata la spesa per investimenti del periodo di imposta e l’eventuale incremento. Su tale dato incrementale in relazione alle varie tipologie di investimento è acquisito un valore percentuale che varia a seconda della tipologia di spesa.

Il credito di imposta non costituisce un reddito tassabile (ed è pertanto irrilevante ai fini delle imposte sul reddito). Il credito è utilizzabile in compensazione. Quest’ultima può riguardare tutti i pagamenti tributari dovuti dall’impresa (Iva, ritenute, Ires, Irap), nonché i contributi Inps dovuti sui dipendenti. La compensazione è ammessa a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi relativi agli investimenti sulla ricerca.

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